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Coldiretti, dai cinghiali in un anno danni per sei milioni

Coldiretti, dai cinghiali in un anno danni per sei milioni

Pratiche sleali e import selvaggio le altre emergenze

POTENZA, 30 aprile 2024, 15:47

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

In un anno i cinghiali hanno provocati in Basilicata danni per circa sei milioni di euro: le colture "maggiormente danneggiate sono i cereali, piante da frutto, vigneti, ortaggi, foraggio, leguminose". Lo ha segnalato la Coldiretti, spiegando che "le aree in cui i danni si sono verificati con più frequenza e imn quantità maggiore sono quelle in prossimità dei parchi".
    Oggi, nelle assemblea che si svolte a Potenza e a Policoro (Matera), la Coldiretti ha chiesto "soluzioni immediate" anche altre due emergenze: "le pratiche sleali e l'import selvaggio".
    "In particolare i danni causati dagli animali selvatici non vengono rimborsati che in minima parte e spesso dopo molti anni, con una situazione che ha portato molti a rinunciare a denunciare gli attacchi subiti. Tra l'altro, i pochi indennizzi che arrivano non coprono mai il reale valore del prodotto distrutto o dell'animale ucciso. Ai danni alle coltivazioni si è aggiunto l'allarme della peste suina africana, la malattia non trasmissibile all'uomo che i cinghiali rischiano di diffondere nelle campagne, mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli sul territorio e, con essi, un intero settore. Da qui la richiesta di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. L'altro problema che pesa sui bilanci delle imprese è il crollo dei prezzi pagati alla produzione in molti settori simbolo, a partire dal grano, aggravato peraltro dal fenomeno delle pratiche sleali. E a minacciare la sovranità alimentare nazionale c'è anche l'invasione di prodotti stranieri con le importazioni di cibo che sono aumentate del 60% nell'ultimo decennio raggiungendo il valore record di 65 miliardi di euro, secondo l'analisi Coldiretti su dati Istat.
    Prodotti spesso provenienti da Paesi che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori e che spesso - ha concluso Coldiretti - vengono spacciati per tricolori sfruttando il codice doganale che consente di 'italianizzarli' grazie a minime lavorazioni".
   
   

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