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Un elegantissimo Bob Wilson indaga la molteplicità di Pessoa

Un elegantissimo Bob Wilson indaga la molteplicità di Pessoa

Raffinato, visivo, magico spettacolo in prima mondiale a Firenze

ROMA, 08 maggio 2024, 17:58

di Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

Un raffinato gioco di luci, di controluce da teatro delle ombre, di magiche sfumature a cambiare sensazioni e stati d'animo, di immagini poetiche per evidenziare le varie anime, la moltitudine di personaggi che hanno abitato lo scrittore e poeta portoghese Fernando Pessoa (1888- 1935) come ce lo mostra Bob Wilson nell'ultima sua creazione, ''Pessoa - Since I've been me'', che ha debuttato in prima mondiale e si replica sino al 12 maggio al Teatro della Pergola di Firenze, che glielo ha commissionato assieme al Théàtre de la Ville di Parigi e coprodotto con lo Stabile del Friuli Venezia Giulia, quello di Bolzano, il Sao Luiz di Lisbona e il Festival d'Automne di Parigi col Téàtre de la ville de Luxembourg.
    Pessoa, come diceva, ''ognuno di noi è più di uno, è molti, è una prolissità di se stesso'' e così dava vita a opere usando non pseudonimi, ma creando veri e propri alter ego, eteronimi e qui lo troviamo seduto in proscenio mentre le luci sono accese e gli spettatori entrano e cercano il proprio posto. Alle sue spalle il mare su cui tramontano tanti dischi rossi di sole quanti sono i suoi alias che entrano poi in scena con movenze da marionette, da cartoni animati nati da qualcosa che si infrange, come un vetro, tutti neri su uno sfondo completamente bianco. E il sottofondo, la colonna sonora di Nick Sgar di rumori più o meno simbolici, ma sostanzialmente disturbanti, inquietanti, scoppi, spari, stridii, bassi rombi, a sottolineare la difficoltà di vivere, le ambiguità, gli straniamenti del poeta che si dice disinteressato all'interiorità, che vive solo nel momento presente, abitato da un sentimento di desolazione da cui nascono pensieri quasi oracolari, riflessioni ambigue o improvvise illuminazioni, lampi enigmatici e domande senza risposte o risposte senza domande.
    Ecco allora che il testo dello spettacolo è una sorta di antologia di citazioni (drammaturgia di Darryl Pinckney), che non costruiscono alcuna drammaturgia ma si susseguono nella loro varietà sorprendente e assieme sostanziale ripetersi e che vengono riversate sul pubblico perché ci si specchi, si specchi in quel malessere che è quello della modernità e dei nostri giorni, tra razionalità paradossale e anarchia speculativa. Un malessere tragico ma sul filo del comico specie in questa lettura performance creata da Wilson con i suoi giochi da architetto razionalista di luci e spazi, da cui nascono visioni, vere e proprie epifanie di grande magia, di suggestione poetica, con un filo di ironia che emerge a tratti e tutto di una eccezionale perfezione teatrale nel disegnare spazi, movimenti e luci, quella che caratterizza sempre i lavori di Wilson.
    I sette attori, diciamo Pessoa e sei suoi eteronimi, nei costumi di Jacques Reynaud eccoli essere molteplici anche nella differenza di nazionalità e di lingue, ognuno la sua, in cui si esprimono e vanno dalla ben nota Maria de Medeiros portoghese, alle radici africane della francese Aline Belibi, dal brasiliano Rodrigo Ferreira all'italo-albanese Klaus Martini, dagli italiani Sofia Menci e Gianfranco Poddighe alla franco-brasiliana Jnaina Suaudea, tutti bravissimi in questa straniante recitazione, anche danzando e cantando. Eccoli all'inizio in un parco con tre cipressi, oppure seduti a sette tavole con tovaglie che tenute per un pizzo si libreranno come fantasmi mentre il bianco e nero si muta e viene invaso da un rosso violento (''C'è un colore che mi perseguita''), e ancora che brancolano, pile in mano, nella nebbia del fumo teatrale, quindi in una barca sulla riva o in mezzo al mare mentre il viaggio si avvia alla fine: ''Passo passo / il tempo arriva / per dir buonanotte a quei sogni / e come un agnello io dormirò / così tranquillo e completo / Since I've been me - sin da quando sono io''.
    Uno spettacolo di cui sono protagoniste le parole e che vuole entrarti nella testa anche con le sue ripetizioni multiple, dei pensieri e di certe immagini, tenendosi sempre alto e implacabile nel seguire la propria linea espressiva, elegante, stentoreo, così da venir a lungo applaudito senza farsi domande, adeguandosi al Pessoa che stigmatizza ''la presunzione infantile di chiedere alle cose il suo significato''.
    Dopo Firenze, lo spettacolo sarà a Parigi, al Théâtre de la Ville, dal 5 al 14 novembre, prima di iniziare una tournée internazionale, che tornerà in Italia il prossimo anno, debuttando al Rossetti di Trieste dal 13 al 16 febbraio 2025.

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